segunda-feira, 28 de março de 2011

IN RICORDO DI RICCARDO PALETTI


Ventisei anni fa, sul tracciato canadese di Montreal, moriva Riccardo Paletti. Una tragedia, quella del giovane Riccardo, dimenticata da tutto e tutti.
Coloro che nel 1982 già seguivano la F1, ricorderanno sicuramente gli eventi. Ma a molti giovani, altrettanto sicuramente, il nome "Riccardo Paletti" non dice un bel nulla.
È per questo motivo che un pensiero va a te, caro Riccardo...
13 giugno 1982, Montreal. Si corre il XXI Grand Prix du Canada.
I piloti debbono percorrere il veloce cittadino di Montreal, lungo 4,410 Km, 70 volte, per un totale di 308,700 Km.
C'è il sole, la gara si preannuncia combattuta. La tragedia di Villeneuve, consumatasi poche settimane prima a Zolder, è ancora scolpita nelle menti di tutti i piloti.
È per tale motivo che la Scuderia Ferrari partecipa alla corsa con il solo Pironi.
In pole vi è proprio il francese della Ferrari, affiancato dalla Renault di Arnoux.
In penultima fila, col 23° tempo di 1'31"901, c'è la bianco-celeste Osella FA1C-Cosworth di Riccardo Paletti: dietro l'occhialuto e riccioluto milanese, la ATS di Salazar, la Theodore di Lees e la Tyrrell di Henton. Riccardo non sta nella pelle.
È riuscito a qualificare la sua Osella N°32 a poco più di 1 secondo dal suo compagno di squadra, il velocissimo Jarier.
Un'impresa.
È contento, Riccardo.
È fiero, Riccardo.
È inesperto, lo sa bene, ma è voglioso di correre, di emergere, di farsi notare.
Ha una vita davanti a sè.
È al primo anno in F1, ma la bella Osella è vettura modesta: solo Jarier riesce a farla andare come una scheggia.
Nei GP precedenti a quello del Canada,
Riccardo ha mancato la qualificazione a Kyalami, al Jacarepagua, a Long Beach, Zolder e Monaco.
Ha, però, corso il discusso GP di Imola (13° in prova e ritirato al 7° giro per rottura di una sospensione) e si è qualificato a Detroit col 23° crono; tuttavia, un incidente nel warm-up lo ha costretto a dare forfait. Ma in Canada, Riccardo vuole fare bene: terminare la gara, con dignità, con umiltà.
Al semaforo verde, tutti scattano veloci. Tranne la Ferrari N°28 di Pironi, ferma in griglia. Si è spento il motore. Pironi agita nervosamente le mani, tutti riescono a schivarlo, tra derapate, ruote fumanti, cuori in gola, spaventi. Paletti, partito dal fondo dello schieramento, viaggia ormai sul rettilineo a più di 180Km/h. Le altre vetture davanti gli coprono la visuale. Non si accorge di Pironi fermo.
Lo colpisce in pieno. L'Osella si disintegra, la Ferrari si gira, anch'essa danneggiata. Riccardo giace all'interno della sua vettura, incosciente.
L'auto prende fuoco.
Intervengono i commissari ed i medici.
La scena è apocalittica: l'Osella di Paletti distrutta ed in fiamme, la Ferrari di Pironi lì, immobile, la Theodore di Lees parcheggiata a bordo pista per un incidente, grida di commissari e medici, volti scuri, pubblico attonito.
Il silenzio cade su Montreal.
I soccorritori domano le fiamme, ma Riccardo non dà segni di vita: rimane nell'abitacolo per oltre mezz'ora.
Estratto, viene portato in ospedale.
Intanto, the show must go on.
Dopo l'ovvia interruzione, la corsa riparte da capo: 70 giri.
Ma l'Osella non ci sta e ritira, in segno di rispetto verso Paletti, la N°31 di Jarier.
Per la cronaca, vincerà Piquet.
In ospedale, frattanto, il dramma è consumato. Riccardo Paletti, 23 anni, nato il 15 giugno 1958 a Milano, muore per le gravi lesioni toraciche riportate a seguito dell'incidente e per le inalazioni tossiche, provocate dall'incendio della monoposto, respirate da Riccardo stesso.
Il sogno di Riccardo si infrange per sempre, una mattina di giugno, in Canada. Solo due giorni dopo, avrebbe compiuto 24 anni.
E dire che il GP sarà un successo per i colori italiani: alla bandiera a scacchi, Patrese è 2°, De Angelis 4°, De Cesaris 6°, Baldi 8°. Poco importa. Riccardo non c'è più.
Una carriera, quella di Paletti, assai rapida. Tutto avviene, grazie al supporto di sponsor e di un padre facoltoso nonché noto imprenditore, nel giro di pochi anni: poca F3, poi la F2. Nel 1980, partecipa, senza successo, alle gare del Mugello e Zandvoort dell'Europeo F2 con la March 802-BMW, nel 1981, invece, con la March 812 dell'Onyx Racing Team, coglie due eccellenti podi ? Silverstone e Truxton ? ed un 6° posto a Vallelunga. Finirà al 10° posto in campionato con 11 punti. Quindi, il salto in F1.
Le critiche, come da copione, piovono sul giovane Riccardo, tanto da vivo quanto che soprattutto da morto. In vita, è accusato di essersi "comprato" il posto in F1 grazie al proprio benessere economico.
Dopo la tragedia, i maligni (stampa specializzata in testa) affermano che l'incidente mortale sia diretta conseguenza della totale inesperienza di Paletti. Falso. Una cosa simile, poteva capitare a chiunque altro.
La verità, tuttavia è un'altra e ben più crudele da accettare. Paletti è una delle tante "morti bianche" della F1. Piloti che, nell'adempimento della loro passione, hanno dato la loro vita.
Come Gilles Villeneuve, come Ayrton Senna, come i grandi della F1. Eppure, dimenticati, caduti nell'oblio, non ritenuti degni di essere ricordati, onorati, solo menzionati. Da Alan Stacey e Cris Bristow, da Roger Williamson a Roland Ratzenberger, l'elenco dei "dimenticati" è lungo, lunghissimo, triste, commovente.
E potremmo toccare anche tutto il resto dell'automobilismo sportivo. Morti "scomode", ingombranti, inutili: "tanto chi li conosce, quelli!". No, non è giusto. Non ? è ? giusto!
Grazie all'opera del padre, la memoria di Riccardo Paletti vive tutt'oggi. A Riccardo è intitolato l'autodromo di Varano del Melegari, ad Atradate, invece, la piazza antistante la Biblioteca Frera.




-----------------BIG BEAR-------------------




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